Sesso anale eterosessuale tra disinformazione e prevenzione

Sesso anale eterosessuale tra disinformazione e prevenzione

Sesso anale eterosessuale tra disinformazione e prevenzione

Il sesso anale tra persone eterosessuali (HSAI – “heterosexual anal intercourse”) è una pratica documentata fin dalle antiche civiltà (McBride & Fortenberry, 2010), ma ancora oggi avvolta da un forte stigma sociale. Nell’immaginario comune è spesso considerata rara o “trasgressiva”, mentre gli studi mostrano una realtà molto diversa. Le ricerche internazionali indicano, infatti, che tra il 10% e il 33% delle donne eterosessuali ha avuto rapporti anali nell’ultimo anno (Gross et al., 2000; Hess et al., 2016; Voeller, 1991).

Nonostante la diffusione crescente, l’informazione sanitaria su questa pratica resta scarsa e spesso inadeguata. Lo stigma, la mancanza di formazione e la difficoltà a parlarne apertamente riducono la possibilità di promuovere comportamenti sessuali più sicuri (Hatzenbuehler et al., 2013).

Cerchiamo allora di colmare questa lacuna.

Dr. Walter La Gatta

Perché il sesso anale è ancora un argomento tabù?

Molte persone, comprese quelle che lavorano in ambito sanitario, associano il sesso anale a comportamenti “non convenzionali”. Questo pregiudizio nasce da norme culturali e morali che definiscono ciò che è considerato “accettabile” nella sessualità.

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Quanto è diffuso il sesso anale tra le coppie eterosessuali?

Contrariamente alle credenze diffuse, il sesso anale è una pratica piuttosto comune nelle coppie eterosessuali. Due studi condotti a distanza di vent’anni mostrano un aumento significativo: dal 9% nel 1993–1995 al 33% nel 2011–2015 (Habel et al., 2018). La pratica risulta più frequente tra i soggetti più giovani, tra chi ha più partner sessuali e tra coloro che tendono a sperimentare comportamenti sessuali considerati a rischio (Aral et al., 2005; Owen et al., 2015).

Quali rischi comporta il sesso anale non protetto?

Il rischio di trasmissione dell’HIV durante un rapporto anale non protetto è circa cinque volte superiore a quello di un rapporto vaginale (Baggaley et al., 2010, 2013; O’Leary et al., 2017). Anche altre infezioni sessualmente trasmissibili, come gonorrea, clamidia e papilloma virus umano (HPV), sono più facilmente trasmesse a causa della maggiore fragilità dei tessuti anali (D’Anna et al., 2015). Le microlesioni che possono verificarsi durante la penetrazione facilitano infatti l’ingresso di agenti patogeni.

Perché molti pensano che sia un’attività a basso rischio?

L’assenza di rischio di gravidanza porta molte persone a ritenere il sesso anale più sicuro (Woodman-Maynard et al., 2009). Inoltre, alcuni non lo considerano un “vero” rapporto sessuale (Leichliter et al., 2007; Sanders & Reinisch, 1999), mentre altri non conoscono le differenze di rischio tra le varie pratiche sessuali (Byers et al., 2009; McBride et al., 2017).
Un’ulteriore variabile è la ridotta percezione del rischio di HIV dopo la diffusione delle terapie antiretrovirali (Satterwhite et al., 2007).

Gli operatori sanitari affrontano adeguatamente l’argomento?

Non sempre. Molti professionisti evitano di porre domande sul sesso anale per imbarazzo o per mancanza di formazione specifica (Dorsen & Van Devanter, 2016; Lloyd, 2018). Tuttavia, omettere queste domande può compromettere la diagnosi e la prevenzione: diverse infezioni rettali restano infatti non individuate se non vengono eseguiti test mirati (Gratix et al., 2015; Hunte et al., 2010; Javanbakht, 2012).

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Come si possono promuovere pratiche più sicure?

La promozione della salute sessuale deve includere anche il sesso anale eterosessuale per fornire una “prevenzione centrata sulla persona”, adattata ai comportamenti sessuali riferiti.
Secondo D’Anna et al. (2015), è utile promuovere l’uso del preservativo e del lubrificante specifico per il sesso anale, presentandoli non solo come strumenti di protezione, ma come mezzi per mantenere il piacere e l’intimità. In quest’ottica, Woodman-Maynard et al. (2009) sottolineano l’importanza di un approccio educativo che unisca prevenzione e benessere relazionale.

Quali sono le principali lacune nella ricerca?

La letteratura è ampia sul sesso anale nella popolazione MSM (maschi che fanno sesso con maschi) e tra le persone HIV positive, ma molto limitata per quanto riguarda la popolazione eterosessuale HIV-negativa (Halperin, 1999; Baggaley et al., 2010). Solo pochi studi si sono concentrati su strategie di prevenzione e promozione della salute per questa specifica popolazione.

Fonte principale

Stewart J, Douglas G, O’Rourke T, Gammel C. Promoting safer sex in the context of heterosexual anal intercourse: A scoping review. J Clin Nurs. 2021 Aug;30(15-16):2111-2130. doi: 10.1111/jocn.15628. Epub 2021 Jun 13. PMID: 33377555.

Dr. Walter La Gatta

 

Suggerimenti pratici per la prevenzione

  1. Usare sempre il preservativo
    Anche nel sesso anale eterosessuale, il preservativo è lo strumento principale di prevenzione. Riduce significativamente il rischio di HIV e di altre infezioni sessualmente trasmissibili. È importante sostituirlo se si passa da un rapporto anale a uno vaginale, per evitare il trasferimento di batteri.
  2. Scegliere il lubrificante giusto
    L’uso di un lubrificante a base d’acqua o di silicone riduce il rischio di lesioni. I lubrificanti a base oleosa non sono indicati perché danneggiano il lattice dei preservativi.
  3. Non improvvisare
    La comunicazione con la/del partner è fondamentale. È consigliabile procedere gradualmente, evitando forzature che possano causare dolore o traumi fisici.
  4. Eseguire controlli regolari
    Anche in assenza di sintomi, è utile eseguire periodicamente test per le infezioni sessualmente trasmissibili, specificando al/la professionista sanitario/a le pratiche abituali, così da ricevere un controllo mirato.
  5. Evitare comportamenti a rischio combinati
    L’uso di alcol o sostanze può ridurre la percezione del rischio e compromettere l’uso corretto del preservativo. È importante mantenere consapevolezza e lucidità durante i rapporti.
  6. Superare lo stigma attraverso l’informazione
    Parlare apertamente di sessualità con i professionisti della salute è una forma di prevenzione. Lo stigma e il silenzio aumentano la vulnerabilità, mentre la conoscenza consapevole favorisce scelte più sicure e soddisfacenti. Parlare di queste tematiche significa promuovere benessere, non solo prevenire malattie.

Dr. Walter La Gatta

Intervista su Eiaculazione Precoce

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Foto di Ron Lach

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