Il placebo e la risposta al placebo

Il placebo e la risposta al placebo

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La risposta al placebo rappresenta una delle dimostrazioni più affascinanti del potere della mente sul corpo. Lungi dall’essere un’anomalia o un fastidio metodologico, essa rivela quanto siano centrali la relazione terapeutica, la fiducia, le aspettative e il contesto nel processo di cura. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

Cosa significa “placebo”?

Il termine placebo deriva dal latino placere (“piacere”) e veniva originariamente usato per indicare un trattamento privo di principi attivi ma somministrato con lo scopo di compiacere o tranquillizzare il paziente.

Cos’è un placebo, nella sua realtà fisica?

Un placebo può assumere molte forme: una compressa di zucchero, una pillola inerte, un’iniezione di soluzione salina, un trattamento finto, o persino un’operazione chirurgica simulata. La caratteristica fondamentale è che il trattamento non ha un principio attivo specifico per la condizione da trattare, ma può comunque produrre un effetto percepito come positivo.

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La risposta al placebo: di cosa si tratta?

La risposta al placebo è il cambiamento clinico osservabile – sia soggettivo (per esempio, una riduzione del dolore) che oggettivo (come un cambiamento nei parametri fisiologici) – in seguito alla somministrazione di un placebo. Non si tratta di “finzione” o “autoinganno”, ma di un fenomeno reale e misurabile, che coinvolge meccanismi psicologici e neurobiologici complessi.

Quali meccanismi causano l’effetto placebo?

Tra i principali meccanismi implicati nella risposta al placebo si riconoscono:

  • Aspettativa: se una persona si aspetta che un trattamento funzioni, il cervello può attivare circuiti di modulazione del dolore, della dopamina o di altri neurotrasmettitori;
  • Condizionamento: esperienze precedenti positive con farmaci reali possono attivare una risposta simile anche di fronte a un placebo;
  • Rinforzo sociale: l’autorevolezza del/la terapeuta, il rituale medico e il contesto della cura rafforzano la percezione di efficacia;
  • Riduzione dell’ansia: ricevere un trattamento, anche fittizio, può ridurre lo stress e produrre effetti positivi sul sistema nervoso autonomo.

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Effetti neurobiologici del placebo

Numerosi studi di neuroimaging hanno dimostrato che i placebo possono attivare le stesse aree cerebrali coinvolte negli effetti farmacologici reali. Ad esempio, nel trattamento del dolore, il placebo può stimolare il rilascio di endorfine, coinvolgendo le stesse vie neurali degli oppioidi. In ambito neurologico, in pazienti affetti da morbo di Parkinson, è stato osservato un aumento della dopamina in risposta a un placebo, con effetti positivi transitori sulla motricità.

Placebo e nocebo: cosa significa?

Accanto al placebo esiste l’effetto nocebo, ovvero un peggioramento dei sintomi dovuto all’aspettativa negativa nei confronti di un trattamento. Anche in questo caso, il meccanismo è mediato da aspettative, condizionamenti e risposte fisiologiche, ma in senso peggiorativo. Per esempio, se un paziente si aspetta effetti collaterali da un farmaco, potrebbe sperimentarli anche quando assume un placebo.

È lecito somministrare un placebo senza il consenso del paziente?

La medicina basata sull’evidenza impone trasparenza, ma esiste una crescente attenzione verso l’uso di placebo aperti (open-label placebo), somministrati cioè con l’informazione che si tratta di una sostanza inattiva. Studi recenti suggeriscono che anche in questi casi si possano ottenere benefici, grazie al potere del contesto e alla ritualità della cura.

Inoltre, la risposta al placebo può variare enormemente tra individui e condizioni: è particolarmente efficace in disturbi soggettivi come dolore cronico, ansia, insonnia, sindrome dell’intestino irritabile, ma meno rilevante in condizioni biologicamente più marcate o strutturali.

Il placebo: come viene usato nella ricerca clinica?

Nella sperimentazione di nuovi farmaci, il placebo viene utilizzato per controllare gli effetti non specifici della terapia. I trial clinici randomizzati controllati con placebo sono lo standard di riferimento per valutare l’efficacia di un trattamento: il farmaco deve dimostrarsi superiore al placebo per essere considerato realmente efficace. Tuttavia, anche il miglioramento osservato nel gruppo placebo offre indicazioni preziose sui meccanismi psicosomatici attivi nella malattia e nel processo di guarigione.

La somministrazione di un placebo comporta problemi etici?

Unico problema, che riguarda l’etica è questo: se poi il paziente sta male, o muore, prendendo il placebo anziché il farmaco, di chi è la responsabilità?

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

 

Immagine:

Shapiro, Wikimedia
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